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La vera e sicura origine di quello che potremmo definire il più classico, il più nobile fra i canti degli alpini si riscontra nel canto funebre cinquecentesco "Il testamento spirituale del Marchese di Saluzzo". Il Nigra ce ne tramanda le versioni, in piemontese arcaico, ritenute più originali e già nel 1858 traccia dettagliatamente la vicenda storica cui il canto è legato. Michele Antonio, undicesimo marchese di Saluzzo, capitano generale delle armi francesi nel reame di Napoli, mortalmente ferito da un obice durante la difesa della fortezza di Aversa assediata dalla truppe borboniche, nel 1528, esprime le sue ultime volontà ai soldati riuniti attorno al letto di morte. E sarà forse proprio uno di quei soldati l'ignoto autore che riversò nel canto gli ultimi sublimi istanti del capitano, creando una fra le gemme più interessanti del patrimonio epico-lirico italiano, ereditata in seguito dalla tradizione alpina che, all'epoca della 1a Guerra Mondiale (1918), rese popolarissimo il canto in questa versione dove appare un misto tra il dialetto veneto e quello trentino |